L’avido pilota? (Money money money)



Siamo indignati pure noi addetti ai lavori, state tranquilli. Nei “nostri”social si sono registrate esattamente le stesse reazioni che ha avuto il popolo "normale", forse persino più accentuate: qualcuno chiede il sangue, altri le teste; qualcuno vuole il nome dei trasgressori per metterli alla gogna. Quando la notizia è stata diffusa nelle pagine di facebook e nei forum dedicati il commento unanime era “vergogna”. E qualcuno ha persino proposto che il resto del personale Alitalia, in mobilitazione e non, si costituisca parte civile: a nessuno piace essere accomunato a persone disoneste soprattutto dal momento che le varie operazioni Alitalia, per quanto possano apparire edulcorate dagli ammortizzatori sociali elargiti, sono stati una grande fregatura soprattutto per il personale. Gli “alitaliani” poi sono perfettamente consapevoli della ostilità generale che di solito suscitano nell’opinione pubblica, e conoscono molto bene l’abilità della “gente” a fare di tutt’un’erba un fascio. Per questo spingono per isolare i colpevoli e distinguersene. Intanto già i servizi giornalistici mettono in cattiva luce i contributi stanziati: il che accade sempre quando nelle questioni entra Alitalia, e non accade mai quando invece gli aiuti vanno ad altri, come all’editoria oppure a compagnie aeree straniere come RyanAir.
Ma proprio adesso?
Si parla di accertamenti a tappeto su altre categorie: ma è bene che si sappia che la cifra di 11000 euro non è l’ammontare normale di quanto percepito da cassaintegrati e mobilitati del settore. Le cifre sono mediamente molto più basse. Tra l’altro il fatto viene posto sotto i riflettori in un momento nel quale invece i nuovi mobilitati figli dell’ennesimo “salvataggio” ancora non riescono a farsi
sbloccare i pagamenti dall’INPS, e litigano coi fondi di previdenza complementare per farsi riconoscere un seppur parziale riscatto. Agli stessi, col conto ancora a 0, è stata richiesta una apposita dichiarazione certificata all’INPS che attesti che non si è lavorato all’estero. Dunque la cosa non è una novità. Era già salita alle cronache qualche tempo fa e segnalata a chi di dovere. I  malpensanti insinuano che il clamore odierno sia legato a qualche nuova trovata per ridurre ancora un pochino certe salvaguardie. Il pensiero raddoppia la furia degli onesti che si sentono in pericolo a causa di un manipolo di avidi. Intanto i notiziari si prodigano a mettere in cattiva luce i destinatari dei provvedimenti di sostegno. E tanto per chiarirci sui numeri per il momento i casi scoperti (vabbè, per adesso...) sono poco più di una trentina contro migliaia di lavoratori andati in cassa integrazione e mobilità. Che sono i più indignati.
Mentre l’esodato medio soffre
Ovviamente, guarda caso, i trasgressori scoperti fanno parte anche della categoria di lavoratori del settore più “ricca”. E’ anche quella più specializzata e ovviamente più facilmente riciclabile nei mercati in espansione come quelli arabi (ma guarda) e dei paesi orientali. Un breve corso di
conversione e via. Gli altri, viceversa, che sulla comunque cospicua (rispetto alla media nazionale) cassa integrazione ci fanno totale affidamento, dal momento che difficilmente una volta estromessi dal lavoro potranno essere ricollocati, hanno paura di ritorsioni legate alla scoperta di queste infrazioni. Il mondo del lavoro, in questo paese offre prevalentemente stage sotto retribuiti a 25enni che abbiano nel CV 6 master e decennale esperienza nel campo, ed esclude le capacità di innovazione e apprendimento di quelli che hanno superato i 35. L’unica che sembra avere un’illimitata fiducia negli ultra sessantenni è la signora Fornero…
 Lo stereotipo negativo
Torniamo ai nostri piloti, dunque. Diciamo che erano presenti tutti gli elementi razionali che indurrebbero ad agire in modo disonesto: il beneficio, la percezione, in questo paese di diffusa disonestà ad alti livelli, di probabilità  scarsa di essere scoperti, l’entità  altrettanto scarsa della punizione prevista. E ovviamente, aggiungo, l’occasione ghiotta di mantenersi un paio di entrate cospicue. Non sapendo chi sono i trasgressori, occorre fare una precisazione, e cioè che le persone poste in CIGS e mobilità appartengono a due categorie: ci sono quelli che nel periodo di copertura degli ammortizzatori sociali raggiungono l’età pensionabile e coloro che, viceversa, non la raggiungono, e che si troveranno in una condizione di disoccupazione non retribuita. Diciamo pure che nel primo caso la trasgressione sarebbe veramente gratuita. Eppure conosciamo diverse persone che anche nelle Alitalie (perdonate la licenza) precedenti, con regole pensionistiche decisamente più favorevoli, se ne sono andate con cospicui bottini e sono finiti comunque a lavorare per compagnie minori ("e non mi basti mai” cantava qualche anno fa Giorgia). Ciò ha naturalmente favorito la creazione tra gli addetti ai lavori dello stereotipo del pilota assetato di soldi. Non me ne vogliano i miei numerosissimi amici piloti (che probabilmente non saranno gli unici ad essere colti in flagrante) la maggioranza dei quali sono ovviamente stimati professionisti e persone di innato valore etico. Ma l’accaduto alimenta le dinamiche di ostilità interne. E mette in cattiva luce l’intera categoria alimentando pregiudizi negativi. Purtroppo funziona così. E, per il mondo “esterno”, si contamina l’intera popolazione
avionica in CIGS. Ma noi non ci stiamo a generalizzare.
Voglia di volare via
Torniamo alle cose serie. Oltre a quelli che raggiungono la pensione, ci sono quelli troppo giovani per arrivarci. Esiste per i piloti anche una problematica legata ai brevetti, con l’obbligo di volare per mantenerli effettivi. Presumo inoltre, ma ammetto di non esserne sicura, che i contratti siglati con le compagnie straniere siano a tempo determinato. Il che equivale per molti di loro a ritrovarsi, dopo qualche anno, di nuovo senza occupazione. E si tratta nel frattempo di lavorare in contesti culturali letteralmente avulsi dal nostro, in paesi lontani, probabilmente trascinandosi dietro le famiglie, trapiantandole quindi in una situazione nella quale potrebbero non trovarsi bene, oppure separandosene. E’ dunque un rischio. Dal versante INPS, esistono le complesse regole delle compatibilità dei provvedimenti a sostegno del reddito con eventuali nuove entrate derivanti da nuovi rapporti di lavoro: una casistica variegata e farraginosa che necessita di applicazione cognitiva e quindi di un bel po’ di buona volontà e pazienza per comprendere le norme e (eventualmente e auspicabilmente) osservarle. E diciamo pure che la celerità con cui l’Inps accoglie le richieste, fornisce le spiegazioni ed impiega i mezzi di comunicazione tecnologici non invoglia al contatto. Fornisce cioè una ennesima giustificazione di default. Più facile aprire un conto estero dove farsi versare il nuovo stipendio che attendere responsi… ho amici che per cifre molto inferiori hanno dovuto transitare da un ufficio all’altro in attesa di responso. Posso suppore che sommando i rischi eventuali probabilmente i singoli pesano di meno: una sorta di sovraccarico, di cumulo dei pericoli, e quello che è probabilmente percepito come il più lontano è proprio la possibilità che i dati delle compagnie straniere e quelli dell’INPS vengano incrociati. …e infatti da quello che si legge l’indagine ha preso il via da un pilota che si era riciclato come istruttore qui in Italia. Più facile da smascherare, insomma. 
Ce n’era proprio bisogno?
Non sto cercando di difendere i colpevoli, anzi sono tra le prime ad auspicarne una plateale punizione perché anche io, come tutti noi, mi sento personalmente parte lesa: sto solo cercando di capire cosa può spingere persone di fatto benestanti a compiere atti disonesti che possono avere conseguenze gravi, sia personali che generali. In un gradevolissimo saggio, The Honest Truth about Dishonesty, Dan Airely sostiene che le persone sono sostanzialmente oneste e che di solito il calcolo dei costi opportunità relativi a comportamenti disonesti non è alla base delle scelte compiute dall’individuo, che invece tenta di ritenersi corretto  e che quindi eventualmente si concede solamente delle piccole trasgressioni compatibili con la sua percezione di personale integrità. Ma in questo caso, cosa è accaduto? La questione è decisamente più pesante di un viaggio in metropolitana senza biglietto. Tuttavia la misura della trasgressione è relativa: per la sottoscritta è alta. Per il salariato medio italiano, pure. Per i grandi evasori fiscali, per i vip che depositano soldi in conti segreti all’estero e che ancora dettano regole in questo paese, è un’inezia. Ecco. Forse il riferimento per i nostri piloti erano proprio i ricchi evasori. E poi c’è il senso di violazione percepita che fa crescere l’inclinazione verso la disonestà: le persone estromesse dal posto di lavoro (come nel caso di cui sopra)  sono convinte di avere subito un’enorme ingiustizia che in qualche modo deve essere risarcita. Una sorta di “mi riprendo ciò che mi spetta!!!” Quindi da una parte c’è un effetto contagio, accompagnato dalla idea che la propria trasgressione sia irrisoria rispetto ad altre, dall’altra il senso di sfregio nei confronti di una istituzione (lo stato) che ha tradito ed ha permesso che si venisse privati della propria occupazione (che è stata data, spesso, ad altri).
Non siamo tutti uguali
Ovviamente i presupposti citati sono ugualmente validi sia per le poche decine di trasgressori che per le altre migliaia, che invece
hanno deciso di rispettare le regole. Non voglio fare una distinzione Lombrosiana, magari riferendomi all’innato gene della disonestà che risulta appartenere ai (presunti) colpevoli: credo più che se si tratta di un cluster, ci sia anche stata una sorta di influenza reciproca, e ciascuno si è basato sulla decisione del vicino. Forse se altri si fossero trovati in simili situazioni si sarebbero comportati allo stesso modo. Peccato che come sempre ci si dimentica dell’impatto sociale delle proprie azioni, sia dal punto di vista economico che nei confronti dei propri simili. Speriamo che le conseguenze di tali dissennati comportamenti non ricadano sulle spalle dell’intera comunità di mobilitati passati, attuali e futuri.

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